Community

Empower-art: Migrant and Diaspora Empowerment through arts

Se ci facciamo caso, l’idea di migrante e di rifugiata/o politica/o è molto spesso connessa ad un’etichetta dicotomica: prima dell’arrivo nel “Paese di accoglienza” il/la migrante è descritto da alcuni media mainstream come una vittima che vive per un tempo indefinito in tendopoli; una volta giunto in Occidente è, invece, sottoposto ad una narrativa xenofoba che la/o rappresentata/o come un peso o un problema. Si parla di queste persone come di un agglomerato indefinito, uniforme e spersonalizzato.

Noi crediamo che l’arte sia un modo per mostrare narrazioni alternative a quelle proposte da una concezione xenofoba del/della migrante. Infatti,  La fotografia, l’illustrazione, la pittura, la street art, la musica, la moda sono arti che, in primis, non appartengono del tutto al linguaggio “parlato” e che quindi possono navigare oltre e superare le barriere linguistiche. Inoltre, le arti possono essere un grande strumento di empowerment: ogni opera infatti esprime la soggettività dell’artista che quindi emerge dalla massa indistinta per riaffermarsi come persona unica.

È questo il caso della fumettista e graphic journalist Takoua Ben Mohamed che sarà la art director della campagna 2021 dell’Otto per mille della Chiesa Valdese – Unione delle Chiese metodiste e valdesi. Nei suoi fumetti e illustrazioni, Takoua Ben Mohamed racconta storie di integrazione e di diritti a favore di un dialogo interculturale e interreligioso. Tema, quest’ultimo, al centro di “Sotto il velo”, un’autobiografia che ripercorre con una certa ironia la routine quotidiana di una ragazza che ha liberamente scelto di portare il velo in Italia.

Anche Aya Mohamed, studentessa di Scienze Politiche, attivista sociale e fashion lover, racconta il suo essere “nata in Egitto e cresciuta a Milano” (come scrive sul suo profilo instagram) in modo diverso da Takoua, ma sempre impattante: la moda! Aya ha aperto un blog – milanpyramid – in cui parla di moda, diversità e rappresentazione. In una puntata del podcast Anticorpi (The Vision) dichiara di aver aperto il blog per esprimere sé stessa e di usarlo come opportunità per rappresentare sé stessa e tutte le ragazze musulmane che vivono in Italia e non si sentono rappresentate né nei media tradizionali, né sui social media. Per lei il fashion è lo strumento che le permette di esprimersi senza dover parlare e che le dà la possibilità di rendere chiare e visibili le sue scelte: “Curare la propria apparenza” dice Aya “non è una cosa superficiale perché è il modo che ognuno di noi ha di prendere la propria scelta cosicché non sia qualcun altro a scegliere per noi”.

La necessità di rendere esplicite le proprie scelte e di ricercarne le radici è portata avanti collettivamente anche da Black Quantum Futurism a Ginevra. Si tratta di un gruppo multidisciplinare che unisce la cultura africana e afro americana con lo studio della fisica quantistica per esplorare le connessioni tra media, estetica DIY (fai da te) e attivismo nelle comunità migranti, come spiega Claudia Galal di Griot. L’arte prodotta dal collettivo spazia dalla scrittura, alla musica, dalle arti visibili, ai progetti di ricerca e si propone di dare un’accezione positiva a quelle esperienze individuali, familiari, sociali e comunitarie che sono percepite come disturbanti e negative.

Vi chiederete: come è possibile portare avanti queste esperienze collettive in tempi di Covid?

Ebbene, lo scorso Novembre un gruppo di circa 40 città ha promosso l’avvio di un’iniziativa culturale e artistica online che si è concretizzata nella stesura della “Carta di Roma”. Il progetto mira ad essere globale e a disfarsi dell’onnipresente eurocentrismo, così da includere a pieno titolo le voci di tutte le culture. Concretamente, mentre l’artista indiana Jasmeen Patheja, associazioni femministe e LGBTQI+ affronteranno in un podcast i temi della violenza di genere, a Roma potremmo vedere l’anti-monumento realizzato da Marinella Senatore e Johanne Affricot muoversi per la città e contrapporsi all’architettura di potere romana, incarnando invece la fluidità e intersezionalità delle culture odierne.

Una volta superata la crisi pandemica, speriamo vivamente che il “diritto a partecipare pienamente e liberamente alla vita culturale” possa ridare slancio e dinamicità alle città in cui viviamo e legittimazione e voce a tutte le persone che vi abitano.

 

Resources:

Leave a Reply