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Un’esperienza diversa

Lucia è una delle mentori del progetto Mentorship alla Sapienza di Roma.
Ha 46 anni ed è una cosiddetta adult learner. Matricola del neonato corso di studi Global Humanities, Lucia ci racconta la sua esperienza alla fine di questo primo semestre, come studente e mentore “senior”.


“Nonostante nella mia vita abbia affrontato molte sfide, questa di rimettermi in gioco dopo decenni lontana dai banchi mi spaventava non poco. Le lezioni online in questo senso aiutano, rendendoci davvero tutti simili e, in quei riquadri sullo schermo, i miei -anta spiccano un po’ meno. Ma la paura di non reggere il confronto con tutte le mie colleghe e colleghi così pieni di energie e neuroni freschi da spendere continua comunque a darmi qualche preoccupazione”.

 

Come mai hai abbracciato l’idea di partecipare al progetto Mentorship?

“Quando sono venuta a conoscenza del progetto mi sono resa conto che era una strada naturale per me da intraprendere: già dai primi giorni a Global Humanities mi sono resa conto che se c’era un vantaggio nell’essere molto più grande dei miei colleghi  era proprio quello di saper navigare il mondo delle procedure burocratiche con maggiore scioltezza. Spesso non è solo la lingua a fare da  barriera agli studenti stranieri, ma una modalità di informazione e un certo gomitolo burocratico di uffici e segreterie che può risultare davvero complesso da sciogliere nei primi mesi in Italia e il passaggio totale al digitale impedisce quella squisita capacità di comunicare dal vivo, con gesti e linguaggio del corpo, che supera spesso le piccole incomprensioni procedurali di immatricolazioni, pagamenti, formalità da sbrigare. Così, aderire al progetto Mentorship ha significato prendere la pazienza e l’esperienza accumulate negli anni e metterle a disposizione delle mie compagne e compagni”.

 

Si può dire allora che Mentorship abbia giovato a entrambe le parti?

“Assolutamente sì! Credo fortemente che l’inclusione sia una strada a doppio senso: non credo sia stato semplice accogliere, in una classe di coetanei nati nel nuovo millennio, una donna che ha l’età dei tuoi genitori, perdonare qualche uscita da Ok boomer nelle chat e chiudere un occhio su qualche commento talvolta un po’ paternalistico… ma ci siamo trovati in uno spazio, seppur virtuale, in cui cerchiamo l’incontro e il supporto reciproco, e ricoprire il ruolo di focal point amministrativo mi ha dato gli strumenti per poter avere sempre qualcosa di utile da mettere in comune, e rompere un po’ di imbarazzo dato dalla differenza di età”.

 

Una cosa di cui sei soddisfatta e una cosa che vorresti cambiare di questa esperienza

“Senza dubbio ogni giorno rimango stupefatta dai risultati ottenuti in così poco tempo con strumenti puramente virtuali: i mezzi digitali come le email, i calendari, i meeting, le chat sono diventati realmente luoghi di lavoro, di incontro, di allaccio di relazioni e di aiuto pratico e quotidiano, non credo sia possibile chiedere di meglio da una squadra. Ho lavorato per quasi vent’anni in progetti nel sociale in presenza e posso affermare con certezza che c’è bisogno di grandi skills e forza di volontà per raggiungere obiettivi di questa portata: decine e decine di casi supportati in incontri e gruppi, ricerche simultanee online, brainstorming e coordinamento con gli organi dell’ateneo che hanno potuto attenuare, se non risolvere completamente, situazioni talvolta estremamente delicate come, ad esempio, persone che attendono per mesi il visto, spaventate dall’incertezza del trasferimento, persone che sentono il peso di partire per un’avventura come quella di studiare all’estero e dover spendere il proprio tempo in quarantena, sotto coprifuoco e coi luoghi sociali completamente chiusi.
Se abbiamo potuto farci carico di studenti con situazioni fragili è non solo grazie all’umanità dei singoli elementi, ma a un’organizzazione precisa e veramente smart.

Cambierei… solo le lancette dell’orologio. Vorrei che i primi mesi del progetto non fossero stati così fittamente impegnati sulle emergenze amministrative, perché ci sono così tante pagine che abbiamo appena iniziato a immaginare insieme… passeggiate alla scoperta di Roma, minicorsi per imparare a cucinare la pasta, incontri con professionisti della mediazione culturale e del supporto psicologico, persino lezioni di ballo.
Stiamo sognando molto per costruire uno spazio di vera inclusione e di supporto fra pari, e vorrei avere più tempo per poter realizzare ciascuno di quei sogni”.

 

Di
Costanza Zagone

Con
Lucia Mazzanti

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